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Bioedilizia, a Sassari un progetto per sostituire il cemento con i geopolimeri.

L'alternativa al cemento sono i geopolimeri. Ossia materiali artificiali ceramici che possono essere utilizzati per costruire edifici e infrastrutture e realizzati con scarti di altre lavorazioni.

Carbone, ma anche plastica, sabbia silicea, argilla, alluminio e residui di marmo. Tutti mescolati e amalgamati in un processo molto simile a quello del cemento ma a costi molto più bassi. Il progetto che apre la strada all'impiego dei geopolimeri nel settore della “bioediliza” è quello denominato Biomarmo ed è portato avanti dall'Università di Sassari e da Sardegna Ricerche grazie a un finanziamento da 300 mila euro. Una somma veicolata dalla Regione attraverso le risorse europee del Por Fesr Sardegna. All'iniziativa che rientra nella categoria dei cosiddetti cluster, partecipano poi anche aziende impegnate nel settore.

“Punto di partenza del progetto è l'impatto ambientale che ha il cemento - premette Alberto Mariani, professore associato di Scienze chimiche industriali dell'università di Sassari -, perché per ogni tonnellata impiegata se ne deve considerare un'altra di anidride carbonica immessa in atmosfera”. Senza dimenticare poi i limiti del cemento. “Ad elevate temperatura comincia a disgregarsi e a franare. Cosa che non succede con i materiali ceramici realizzati con i polimeri e che hanno una resistenza elevatissima”. Per la produzione dei geopolimeri si ricorre ai residui di altre lavorazioni. Dalle argille, all'involucro del riso, continuando con le plastiche e le sabbie silicee, oltre che le ceneri di carbone, l'alluminio e i residui del marmo che può essere polverizzato o in graniglia.

Per la produzione poi non c'è bisogno di temperature elevatissime. “Si può usare un procedimento molto simile a quello per la malta cementizia - argomenta ancora il docente universitario – utilizzando invece dell'acqua un additivo abbastanza economico ma in grado di amalgamare e consolidare l'agglomerato nell'arco di qualche ora”. Al progetto, che ha lo scopo di valorizzare anche gran parte del marmo che - nonostante l'estrazione - non viene utilizzato, possono partecipare anche altre aziende del settore. “Come per tutti i progetti cluster - conclude il docente universitario - anche per Biomarmo vale il principio della ‘porta aperta': tutte le imprese interessate a partecipare possono chiedere di entrare a far parte del progetto in qualsiasi momento”.

Articolo tratto da Il Sole 24 Ore.