Riscaldamento e produzione di acqua calda: la scelta dell’impianto migliore è vasta e spazia dalle caldaie a condensazione ai sistemi alimentati a biomassa fino alle pompe di calore, mondo in costante espansione. In tutti i casi il cambio è incentivato dai bonus fiscali del 50 e 65%. Nel frattempo però, anche in Italia, si stanno affacciando i sistemi alimentati a idrogeno che emettono nell’ambiente solo vapore acqueo, senza dispersioni di Co2 e Co.
La caldaia a idrogeno è (quasi) realtà
Attualmente le caldaie a idrogeno non sono presenti in Italia, dove mancano l’infrastruttura di distribuzione e le centrali di produzione (per elettrolisi dall’acqua) di questo gas che assomiglia
al metano. Non a caso, una delle ipotesi più concrete e di vicina applicazione è quella (in fase di test da parte della Snam) che punta all’immissione nella rete esistente di una miscela mista
metano e idrogeno (al 30%), a servizio di caldaie studiate per bruciare questo tipo di carburante.
Come stanno dimostrando all’estero (dall’Inghilterra alla Germania, al Giappone) l’idrogeno può essere impiegato in totale sostituzione del metano, anche «come vettore per la trasformazione in energia elettrica tramite un secondo processo di elettrolisi o di ossidazione, poi collegato a pompe di calore, che moltiplicano l’efficienza della soluzione», spiega Egisto Canducci, consulente di Mce Expocomfort (dal 17 al 20 marzo a Milano).
A seconda di quella che sarà la scelta del nostro Paese, muterà la tecnologia. Nel frattempo però alcune aziende stanno avviando i test per arrivare preparate. È il caso della Baxi di Bassano del Grappa, che ha studiato una caldaia pensata per una diffusione per il grande pubblico. Il progetto di studio ha tre anni di vita, ma è stato presentato pochi giorni fa, dopo che il prodotto ha ottenuto le certificazioni per essere omologato.
«La soluzione che abbiamo implementato – spiega Alberto Favero, direttore generale Baxi – è del tutto simile a un sistema a condensazione, per dimensioni e peso, oltre che per le basse pressioni di alimentazione richiesta, per l’efficienza termica e sotto l’aspetto dell’installazione e della messa in servizio. La grande differenza, però, è che parliamo di un apparecchio che non presenta emissioni in termini di monossido o anidride carbonica e che ha valori di NOx inferiori a quelli del gas».
Il costo dell’apparecchio, spiega ancora l’azienda, non sarà molto distante da quello di una caldaia funzionante a metano. Il prodotto può funzionare sia con un’alimentazione al 100% di idrogeno sia con una miscela mista.
Hydro, caldaia a idrogeno già sul mercato e che genera autonomamente acqua calda sanitaria e da riscaldamento, trasforma l’idrogeno in elettricità agganciato a una centrale di elettrolisi senza collegamenti da fonti energetiche esterne. È prodotta dalla E. HY Energy Hydrogen di Marco Bertelli e usa una tecnologia studiata dal 2006 e brevettata nel 2014.
Ancora diverso, infine, il funzionamento del sistema blueGen proposto da Solidpower (grazie alla collaborazione con un consorzio di produttori europei di aziende del settore): è l’ossidazione a trasformare l’idrogeno in elettricità.
Gas, con la condensazione consumi ridotti del 30%
La caldaia a condensazione è l’evoluzione della caldaia a gas: a parità di calore prodotto, diminuisce la dispersione, grazie a un meccanismo che consente il recupero di quella parte di calore
latente “condensato”, che viene sprecato dalle caldaie tradizionali.
Il consumo di gas, pertanto, per ottenere un analogo risultato in termini di riscaldamento di un ambiente, diminuisce anche del 30-35%. Il costo di questa tecnologia oggi è notevolmente ridotto (e agevolato fiscalmente con bonus del 5o% o del 65% a seconda dei modelli): è possibile acquistarla online anche a meno di mille euro (senza installazione).
Per ciò che riguarda il dimensionamento, per un alloggio di 160 metri quadrati circa, basterebbe installare una caldaia con una potenza di 8-10 kW. Tuttavia, l’apparecchio che deve produrre anche acqua calda sanitaria, viene dimensionato su questo tipo di esigenza (l’acqua sanitaria deve raggiungere temperature molto più elevate). Per questa ragione in una unità immobiliare tipo vengono proposte caldaie intorno ai 24-30 kW di potenza.
Le pompe di calore triplicano l’efficienza
Il sistema in pompa di calore è un impianto che usa l’elettricità in abbinamento con l’energia presente nell’aria (o nell’acqua o nella terra) per ottenere l’energia termica
necessaria per il riscaldamento di una casa. Il kWh elettrico che viene immesso nella macchina si moltiplica di tre o quattro volte nella trasformazione in energia termica:
processo che rende questi sistemi molto più efficienti rispetto a una caldaia tradizionale. L’energia elettrica per far funzionare il sistema può essere prodotta inoltre da fonte
rinnovabile.
Un tempo, uno dei limiti dell’impiego delle pompe di calore era la possibilità di abbinarle solo a un sistema radiante (che usa l’acqua a una temperatura intorno ai 40°). Oggi la tecnologia si è evoluta e l’impiego di nuovi refrigeranti, combinato a una diversa gestione del riscaldamento (che viene tenuto a temperatura più bassa, ma acceso lungo tutto l’arco della giornata), le pompe di calore possono essere installate anche in palazzi serviti dai tradizionali termosifoni.
In una casa di 120-150 mq (8 kW elettrici) il costo è circa di 6-7mila euro. La tecnologia è incentivata dal ecobonus al 65% così come dal conto termico.
Con le biomasse attenzione al particolato
Cippato, pellet, gusci, vinacce, scarti della legna o agricoli e biogas: le caldaie a biomassa sfruttano combustibili non fossili per produrre, bruciandoli, energia. Diverse per
taglia e potenza e per le soluzioni impiegate (anche a seconda che vengano utilizzate per riscaldare l’aria o allacciate all’impianto ad acqua), questo tipo di impianti si
differenzia soprattutto per il combustibile adoperato.
La tecnologia è stata al centro di un ampio dibattito perché ritenuta responsabile di emissioni di particolato: più che in altri casi, è fondamentale da una parte la qualità dell’impianto e la sua corretta manutenzione (in 10 anni, i sistemi sono completamente cambiati, anche in termini di apparati di filtraggio) e dall’altra la qualità del materiale immesso (troppo spesso viene bruciata legna di provenienza non certificata).
La tecnologia è incentivata dal conto termico e dall’ecobonus al 65%. I costi? Per medie prestazioni circa 4mila euro, fino a oltre 30mila.
Articolo tratto da Il Sole 24 Ore.