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TAGLIARE GLI ALBERI FA BENE AL CLIMA.

Le foreste sono la principale infrastruttura biologica del pianeta. E utilizzarle in modo produttivo ma intelligente aiuta l’ambiente.

 

Meno ventitré gradi. Nessuna scusa. A Joensuu, Finlandia, un incontro di lavoro inizia sempre con un bagno nel ghiaccio. Uno shock di adrenalina indescrivibile. A seguire una lunga sauna, dove parlare di affari. L’argomento è sempre e soltanto uno: l’economia delle foreste. La ragione è ovvia: questa cittadina finlandese è l’epicentro europeo del business degli alberi. Sede dell’European Forest Institute (EFI), il principale think tank sull’uso innovativo e green delle biomasse, a Joensuu operano decine di imprese legate alla gestione forestale sostenibile. Anche in maniera innovativa, come Arbonaut, che impiega radar e satelliti per ridurre gli impatti ambientali. Oppure come John Deere Forestry, in grado con i suoi colossi a cingoli di tagliare un albero in meno di un minuto e di ridurlo in tronchi di dimensioni standardizzate, senza sprecare nemmeno un ramo. «Questo distretto promuove una nuova visione dell’uso delle foreste», spiega Marc Palahí, direttore dell’EFI, «fondata su una bioeconomia circolare, dove si gestiscono le foreste in maniera sostenibile, proteggendo natura e biodiversità e si fa innovazione cercando un uso integrale di ogni prodotto derivato». Oggi, infatti, gli alberi possono essere trasformati in tanti materiali diversi, morbidi come il cotone o resistenti come l’acciaio. Come si fa con il petrolio. Al punto che il gruppo finlandese-svedese Stora Enso sta realizzando una vera bioraffineria del legno. Da qui si potranno estrarre non soltanto polpa di cellulosa, ma anche lignina, emicellulosa e zuccheri affinché possano essere utilizzati come neo-materiali. «Da queste basi biochimiche si ottengono bioplastiche, tessuti, materiali per l’edilizia, carta. In un futuro potremo avere auto o aeroplani in fibra di carbonio derivata dal legno», continua Palahí.

Le foreste rappresentano la più importante infrastruttura biologica del pianeta: sono il bacino essenziale di assorbimento dell’anidride carbonica, la principale sede di biodiversità sulla terraferma, la fonte primaria di ossigeno e di depurazione dell’aria e svolgono un ruolo fondamentale nella formazione delle precipitazioni. Infine possono diventare protagoniste nella nostra economia come fonte di materia biologica rinnovabile non alimentare. Gli impatti dell’economia delle foreste sono rilevanti: tagliare gli alberi in maniera sostenibile paradossalmente aiuta il clima. «Le aree arboree certificate, gestite in maniera attiva e secondo piani di lungo periodo, consentono di aumentare le quote fissate di CO2 che vengono stoccate nel legno e di mitigare l’effetto serra sul clima. La certificazione Forest Stewardship Council (FSC) dei prodotti legnosi assicura la durabilità delle foreste di origine e quindi l’effetto positivo sul clima, permettendo di ridurre le emissioni di gas serra», spiega Diego Florian, direttore FSC. E il business incentiva l’espansione delle foreste, specie nei Paesi in via di sviluppo dove la deforestazione continua. Si guarda con interesse a usare le biomasse come fonte di energia. Ma Palahí avverte: «Questa è una fonte energetica transitoria (essendo inquinante, nda): penso che, a lungo termine, il settore energetico possa essere del tutto decarbonizzato. Quindi il ruolo fondamentale delle foreste nell’economia futura sarà quello di sostituire tanti materiali». Meglio costruire edifici in legno, che oggi sono solo il 10 per cento del parco immobiliare europeo. Eppure, la tecnologia edile odierna permette di costruire edifici di 18 piani alti 80 metri, come il progetto Mjøstårnet, dell’architetto Rune Abrahamsen. Costruendo in legno, invece che con calcestruzzo e acciaio, si riduce del 50 per cento l’impronta carbonica di un edificio.

In Italia, nell’ultimo secolo, la superficie forestale è raddoppiata ed è ora pari a oltre un terzo del territorio nazionale. E con il boom dell’economia delle foreste potrebbe ancora aumentare. Oggi si importa l’80 per cento del legno, spiega una nota di Federlegno, mentre si impiega solo il 20 per cento della superficie boschiva disponibile. La nuova legge forestale dovrebbe aprire la strada a un migliore utilizzo dei boschi nostrani. Ma rischia anche di non limitare l’uso del legno per scopi energetici e non regola quali porzioni di bosco debbano rimanere allo stato naturale, aprendo la strada a preoccupanti speculazioni. Gli alberi sono pur sempre un bene comune, e di questo non bisogna dimenticarsi.

 

 

Tratto da IL SOLE 24 ORE